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ミラノ判決 対米軍攻撃はテロじゃない(コリエレ紙)〜自爆攻撃徴募者無罪
欧州でムジャヒディン戦士をリクルートし、イラクに送り込んだとして
国際テロリズム法違反の告発を受けていたモロッコ人Mohamed Daki が、
ミラノ地裁で無罪判決を受けました。
評決趣旨は、「アメリカ軍と戦う志願者をイラクに導く行為は、いかなる
角度からもテロリズム活動とみなされない」。たとえ「カミカゼ(自爆攻撃者)
徴募が明らかであっても」。
また徴募された者による(占領軍に対する)自殺攻撃は、「平時であれば、
間接的に民間人への脅威ともなるテロリズム行為と定義される可能性がある。
しかしながら武力対立がある状態では、民間人への間接的脅威が多発する。
たとえば空爆時など。 よって、”自殺攻撃は常に民間人への脅威を
形成する”との告訴に同意できない。民間人に直接脅威を与えるものだけが
勘案されるべき」。
なお、同じ理由で告発されたチュニジア人のAlì Toumi と Maher Bouyahiaは、
偽のパスポート手配とイラクに違法入国者を導いた罪で3年収監の判決。
Dakiの場合は、(拘束の根拠だった)当局の盗聴が、パスポート手配は断って
いることを示していた。
なお、ミラノはエジプト人イマムを誘拐したCIA局員を指名手配しています。
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http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/02_Febbraio/16/biondan.shtml
LA GUERRA E IL TERRORISMO
LA SENTENZA DI MILANO «Kamikaze contro i marines, non è terrorismo» Caso Daki e guerra in Iraq, le motivazioni dell'appello rafforzano le assoluzioni decise dal giudice Forleo STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
MILANO — «L'instradamento di volontari verso l'Iraq per combattere contro i soldati americani non può essere considerato sotto alcun aspetto un'attività terroristica». E questo nemmeno quando, come in questo caso, «appare chiaro il reclutamento di kamikaze».
Le motivazioni del verdetto d'appello non solo confermano, ma addirittura scavalcano la sentenza del giudice Clementina Forleo, che il 24 gennaio 2005 fu pesantemente contestata per aver assolto tre integralisti islamici dall'accusa di terrorismo internazionale, pur ritenendo dimostrato che reclutavano mujaheddin per la guerra in Iraq.
L'imputato diventato più famoso, il marocchino Mohammed Daki, è in realtà l'unico assolto da tutti i reati: per i giudici «condivideva le ragioni per le quali un musulmano doveva andare in Iraq a combattere» e le intercettazioni ne dimostrano «la disponibilità ad aiutare un aspirante combattente somalo» che gli chiedeva di «cedergli il suo passaporto», ma poi non l'ha fatto (anche perché si è accorto che la polizia stava per arrestarli), per cui «è stato solo occasionalmente coinvolto». Per gli altri due imputati, i tunisini Alì Toumi e Maher Bouyahia, la corte d'assise d'appello considera «provato che dal febbraio al marzo 2003 hanno collaborato con l'egiziano Merai e il mullah Fouad» (i due ex imam di Milano e Parma arrestati come capicellula) «aiutando i volontari musulmani a trasferirsi dall'Europa in Iraq per andare a combattere contro gli americani e munendoli di documenti d'identità falsi», ma neppure questo è terrorismo.
Il verdetto di primo grado aveva messo in dubbio l'intercettazione chiave sul reclutamento di kamikaze. La sentenza d'appello, firmata dal giudice Rosario Caiazzo, lo considera invece pienamente provato (tanto da fare i nomi di tre kamikaze: Habib Waddani, Morchidi Kamal e Habib Sekseka) ma irrilevante: «Un atto può essere definito terroristico, in tempo di pace, anche quando determina solo un pericolo indiretto per la popolazione civile. Ma in una situazione di conflitto armato» questo rischio «ricorre con grande frequenza», ad esempio «in occasione dei bombardamenti », per cui contano «solo gli atti
esclusivamente diretti contro la popolazione civile». «Non può quindi condividersi la tesi dell'accusa», cioè l'obiezione del procuratore Spataro secondo cui «le azioni suicide costituirebbero sempre (e di per sè) un pericolo per la popolazione civile».
La sentenza non cita la strage di militari italiani nel novembre 2003 a Nassyria, ma indica due diverse date-spartiacque che lasciano il giudizio (forse volutamente) incerto: il giudice considera «fatto notorio» che «fino all'agosto 2003 in Iraq non si è verificato alcun attentato terroristico», perché solo da allora «le azioni suicide» hanno colpito «anche civili»; ma a metà sentenza sottolinea che «il periodo di occupazione militare» (parificabile a quello «stato di guerra» che legittimerebbe i kamikaze) «si è formalmente concluso solo il 30 giugno 2004 con il primo governo provvisorio iracheno».
Per il giudice Caiazzo inoltre è provato che «i volontari dall'Europa venivano inviati in campi di addestramento militare gestiti da Al Ansar Al Islam», che era «una vera e propria organizzazione combattente islamica» con «frange favorevoli al terrorismo», ma questo «non basta» a provare l'accusa «individualmente per ciascuno» dei «reclutatori».
Toumi e Bouyahia dunque meritano solo tre anni di carcere per i passaporti falsi e l'invio di clandestini in Iraq, mentre Daki va scarcerato con tante scuse.
Paolo Biondani
16 febbraio 2006